Vitiligine, la ricerca avanza: in arrivo nuove terapie
La vitiligine è una malattia autoimmune della pelle, un disturbo della pigmentazione cutanea che si manifesta con macchie bianche nel corpo dovute all'assenza di melanina. In Italia sono circa 330mila le persone interessate, la patologia colpisce circa l'1% della popolazione mondiale, senza differenze di sesso o etnia. Si verifica più frequentemente dopo i vent'anni, anche se può presentarsi in ogni momento della vita.
La vitiligine è causata da una reazione eccessiva del sistema di difesa dell’organismo che attacca, per errore, le cellule produttrici del pigmento (melanociti) che determina il colore della pelle (melanina), ma che soprattutto rappresenta la principale protezione naturale dai danni causati dall’esposizione solare.
Le cause della manifestazione della patologia possono essere legate anche a stress emotivi, infezioni virali, traumi fisici e ustioni solari. La vitiligine non è contagiosa e non è pericolosa per la salute, ma ha un andamento del tutto imprevedibile e può colpire qualsiasi sede corporea, con queste aree depigmentate, molto visibili per il contrasto con la cute circostante, soprattutto al viso, collo, mani e nelle pieghe cutanee. Le aree di pelle bianche, senza pigmento, sono più vulnerabili alle scottature solari, quindi, è importante applicare una crema con protezione alta quando ci si espone al sole.
«Grazie alla ricerca si stanno prospettando nuove terapie in grado di controllare la malattia e favorire una possibile ri-pigmentazione – spiega la professoressa Laura Atzori, direttrice di Dermatologia del San Giovanni di Dio - soprattutto un farmaco per uso topico è stato recentemente approvato dal SSN e si attendono le indicazioni della Regione per la prescrivibilità da parte dei centri autorizzati, tra cui la Dermatologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari».
Il 25 giugno è la giornata mondiale della vitiligine, un’occasione per sensibilizzare sulla patologia e lanciare un messaggio di consapevolezza, amore, rispetto e cura, perché la compromissione del proprio aspetto non è solo un danno estetico.
«La sofferenza psico-emotiva nelle persone colpite, che quotidianamente si confrontano con un’immagine di sé che non riconoscono, spesso causa perdita di autostima, isolamento, sfiducia nelle proprie possibilità lavorative e nei rapporti interpersonali – sottolinea la specialista dell’Aou di Cagliari - La consapevolezza sociale del problema, abbattere lo stigma prima ancora di una terapia psicologica, di supporto, può aiutare ad accettarsi e ritrovare l’energia interiore necessaria per contrastare la malattia».
Federica Portoghese